Aethalia: “la fuligginosa”. Questo è il nome con cui gli antichi greci chiamavano l’Isola a causa dei fumi che salivano dai forni di fusione, a testimonianza dell’importanza che le risorse minerarie avevano già assunto a quell’epoca.
Numerose sono le leggende e i riferimenti all’Isola d’Elba da parte degli scrittori antichi, tanto che è ormai difficile tracciare una linea di demarcazione certa fra gli elementi storici e quelli mitologici.
Un esempio? Basti pensare a Virgilio che nella sua celeberrima opera “Eneide” fa riferimento a 300 elbani che accorsero in aiuto di Enea nella sua lotta contro i Rutuli salpando dall’Isola ricca di metalli e ferri inesauribili, dando così origine alla leggenda dell’inesauribilità delle miniere elbane. O, ancora, Apollonio Rodio che nelle Argonautiche ci racconta di come gli Argonauti, lasciate le isole Stoicadi, approdarono proprio qui e, stremati dal viaggio, si detersero il sudore con i ciottoli della spiaggia, che hanno conservato da quel momento in poi (e per sempre) lo stesso colore della loro pelle. E sapete qual è la spiaggia in questione? La splendida baia delle Ghiaie a Portoferraio.



In realtà i primi ad abitare l’isola a partire dal 1000 a.C. furono popolazioni liguri chiamate “Ilvates”, attirate qui proprio dall’abbondanza di rame e ferro. Da loro deriva il nome con cui Virgilio stesso chiama l’isola: Ilva. Moltissime sono le testimonianze dell’intensa attività mineraria e siderurgica, dai resti di forni ai cumuli di scorie ritrovate e risalenti prima agli etruschi e poi ai romani.
Molti i padroni che si sono succeduti all’Isola d’Elba, e tutti provenienti da diverse parti d’Italia, ma il ruolo centrale e fondamentale delle sue miniere non è mai stato messo in discussione, fino a quando nel 1947 sono state danneggiate dai bombardamenti della II guerra mondiale e successivamente con l’avvento del turismo, sono tate dichiarate antieconomiche e, di conseguenza, smantellate.
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